Cambiare le abitudini e uscire dalla propria zona di comfort sono da sempre riconosciute come tra le azioni più difficili da compiere. Anche se razionalmente si accetta il cambiamento, quando ci si trova in situazioni complesse o a lavorare sotto stress è naturale tendere a replicare i “vecchi” modelli di comportamento.
Oggi siamo chiamati ad affrontare soprattutto cambiamenti adattivi e, per affrontarli, si richiede alle persone che li vivono e che li guidano/gestiscono un diverso approccio di pensiero e soprattutto nuove competenze.
Tale approccio di pensiero deve necessariamente rivolgersi anche verso ambiti non tradizionali per chi si occupa di organizzazione aziendale quali: le neuroscienze, la fisica quantistica e la biologia evolutiva. Discipline che offrono utili indicazioni sul funzionamento delle organizzazioni e, in particolare, sul modo di pensare e agire delle persone.
Chi ricopre un ruolo di leader, per riuscire ad essere un “vero” agente del cambiamento, non deve solo innovare, a partire da sé stesso, ma gestire l’innovazione e i processi che ne sono alla base; compito che è sempre più difficile. L’innovazione, infatti, non è solo “composta” di materialità e tecnologia, ma è anche sempre più riconducibile a reti di relazioni, modelli organizzativi, persone, valori e significati, miti. Il problema è capire come gestire al meglio queste diverse dimensioni.
Ciò che è richiesto a imprenditori e manager è una metamorfosi comportamentale che si può ricondurre ad alcune specifiche “sfide”:
- aprire la mente;
- dedicare un po’ di tempo a fantasticare;
- rendere l’errore un’opportunità;
- essere curiosi e affamati;
- essere non conformisti.
E, soprattutto, prepararsi all’inatteso. Teniamo ben presente che l’inatteso spesso ci sorprende. Il fatto è che siamo “ancorati” con grande sicurezza alle nostre teorie e alle nostre idee, e che queste, spesso, non hanno alcuna capacità di accoglienza per il nuovo. Il nuovo arriverà ma non possiamo mai prevedere il modo in cui si presenterà.